Corso di estetica della musica a.s.2011 Prof.Andrea Clemente Potami

giovedì 28 aprile 2011

RAVEL

Vita


Joseph-Maurice Ravel (Ciboure (Ziburu, in basco), 7 marzo 1875 – Parigi, 28 dicembre 1937) è stato un compositore e pianista francese. È famoso principalmente per il suo lavoro per orchestra Boléro, e per la celebre orchestrazione, nel 1922, dei Quadri di un'esposizione di Modest Mussorgsky. Egli stesso descrisse il suo Boléro come "una composizione per orchestra senza musica". Le orchestrazioni di Ravel sono da apprezzare in modo particolare per l'utilizzo delle diverse sonorità e per la complessa strumentazione.
Gabriel Fauré insegnò musica a Ravel per 14 anni.
Maurice Ravel nacque nei pressi di Biarritz, nella regione basca francese, ai confini con la Spagna. Suo padre, Joseph Ravel (1832-1908), era un apprezzato ingegnere civile, di ascendenza svizzera e savoiarda (Ravex). Sua madre, Marie Delouart-Ravel (1840-1917), era di origine basca, discendente di una vecchia famiglia spagnola (Deluarte o Eluarte). Ebbe un fratello, Édouard Ravel (1878-1960), con cui mantenne durante tutta la vita una forte relazione affettiva.
All'età di sette anni, il giovane Maurice iniziò a studiare il pianoforte, e iniziò a comporre cinque o sei anni più tardi. I genitori lo incoraggiarono in quest'attività, e lo mandarono a studiare al Conservatorio di Parigi, dapprima per gli studi generali, ed in seguito come studente di pianoforte. Durante i suoi studi a Parigi, Ravel incontrò e frequentò numerosi compositori giovani, e innovativi, che usavano chiamarsi Les Apaches per la loro vita sregolata; il gruppo era famoso per la sua forte inclinazione al consumo di alcolici.
Studiò musica al conservatorio con Gabriel Fauré per quattordici straordinari anni. In questo periodo, Ravel provò diverse volte a vincere il prestigioso premio Prix de Rome, inutilmente. Dopo uno scandalo che implicò anche la mancata assegnazione del premio a Ravel, benché fosse risultato il favorito per la vittoria in quell'anno, Maurice abbandonò il conservatorio; questo incidente comportò anche le dimissioni del direttore del conservatorio. Ravel fu influenzato da diversi stili musicali legati a diverse parti del mondo: il jazz americano, la musica asiatica e le canzoni popolari tradizionali di tutta Europa. Maurice non fu religioso, e probabilmente fu ateo: non gli piacevano i temi di carattere spiccatamente religioso degli altri compositori, come Richard Wagner, mentre preferiva studiare la mitologia classica per ispirarsi. Ravel non si sposò mai, ma ebbe diverse relazioni durature; era inoltre famoso come frequentatore dei bordelli di Parigi.
Durante la Prima guerra mondiale non poté essere arruolato per la sua età e la salute debole: diventò un autista di ambulanza.
Tra i suoi pochi allievi si ricordano Maurice Delage e Ralph Vaughan Williams.
Nel 1932 Ravel fu coinvolto in un incidente d'auto piuttosto grave a seguito del quale la sua produzione artistica diminuì sensibilmente. Colpito da ictus all'emisfero sinistro del cervello, non fu più in grado di leggere la musica, ma poté continuare a dirigere l'orchestra[1]. A causa di un'atrofia cerebrale, le sue condizioni peggiorarono inesorabilmente fino al 1937 quando, il 18 dicembre, fu operato alla scatola cranica. L'intervento non ebbe alcun esito e Ravel morì dieci giorni più tardi, lasciando a tutti un ricordo di lui come un musicista appassionato.
Influenze Musicali
Ravel si considerò sotto molti aspetti un neoclassico: egli utilizzò, infatti, tecniche e strutture compositive tipicamente tradizionali e diatoniche, con una precisione matematica tanto ammirata, senza mai sconfinare nell'atonalità, per proporre le sue armonie nuove ed innovative.
Ad una prima impressione, fu influenzato da Debussy, ma in realtà Ravel fu ispirato anche dalla musica russa e spagnola, e dal jazz degli Stati Uniti, come si evidenzia dal movimento intitolato Blues della sua sonata per violino e pianoforte e dal clima del Concerto in Re per pianoforte con sola mano sinistra e orchestra, dedicato al pianista Paul Wittgenstein mutilato in guerra.
Maurice Ravel è considerato impressionista al pari di Debussy, ma anche imitando lo stile di altri, il carattere tipico delle composizioni di Ravel rimane evidente.
Nell'anno 1928 Ravel visitò gli Stati Uniti e il Canada con il treno, eseguendo concerti pianistici nelle principali sale da concerto di venticinque città. Per la loro riluttanza ad assumere il jazz ed il blues come stile di musica nazionale, affermò che "la maggiore paura dei compositori americani è quella di trovare in se stessi strani impulsi al distacco dalle regole accademiche: a questo punto i musicisti, da buoni borghesi, compongono la loro musica secondo le regole classiche dettate dalla tradizione europea". Quando il compositore americano George Gershwin incontrò Ravel, gli parlò del desiderio di studiare, se possibile, con il compositore francese. Quest'ultimo rispose: "Perché dovresti essere un Ravel di secondo livello quando puoi essere un Gershwin di primo livello?"
Alcuni appunti e frammenti confermano l'influenza che la musica basca ebbe sul compositore: si nota infatti che in alcune delle sue opere sono utilizzati temi e ritmi tipici della tradizione della sua regione natale.
Ravel commentò che André Gédalge, il suo professore di contrappunto, fu fondamentale per lo sviluppo delle sue qualità compositive. Come strumentista ed arrangiatore per orchestra, Ravel studiò con grande perizia e meticolosità le possibilità espressive dei singoli strumenti, per poterne determinare gli effetti: fu questa la caratteristica che permise il successo delle sue trascrizioni per orchestra, sia delle sue composizioni per pianoforte sia di quelle degli altri compositori,
Egli curò con estrema meticolosità la scrittura dei suoi manoscritti: Stravinskij lo definì l'"orologiaio svizzero", per la complessità e precisione dei suoi lavori.
Il "Bolero"
Il Bolero composto da Maurice Ravel nel 1928 è una musica per balletto, divenuta celebre anche come pezzo concertistico. È sicuramente il bolero più celebre mai composto, nonché l'opera più popolare del compositore.
La composizione fu commissionata da parte di Ida Rubinstein, una ballerina russa. Ravel non ne voleva più sapere di balletti dopo che aveva rotto con il mostro sacro dell'epoca in tema di balletti, quel Sergej Diaghilev che imperava a Parigi in quegli anni come direttore artistico nonché fondatore dei famosi Ballets Russes. Ma cedette alle insistenze della Rubistein e decise di orchestrare un pezzo del compositore spagnolo Isaac Albéniz, il componimento per pianoforte Iberia, per un balletto. Arrivò presto però la notizia che gli eredi del grande compositore spagnolo non avevano acconsentito a nessuna trascrizione di pezzi del maestro anche perché la partitura della Iberia era già stata orchestrata dal maestro Enrique Fernàndez Arbòs. Fu a questo punto che Ravel, non scoraggiandosi, prese l'iniziativa di comporre ex novo un pezzo a tempo di bolero, scegliendo dunque un brano dal carattere tipicamente spagnolo. Il Bolero andò in scena all'Opéra di Parigi il 22 novembre 1928, diretto da Walter Straram con le coreografie di Bronislava Nijinska. Il balletto, pur molto innovativo e provocatorio, ottenne un clamoroso successo. La prima esecuzione come brano concertistico avvenne invece l'11 gennaio 1930 e fu eseguita sotto la direzione dello stesso Ravel.
Il balletto originale è una sorta di ballo rituale durante il quale una donna danza seducente su un tavolo, mentre un gruppo di uomini si avvicinano a lei sempre più, con il crescere della musica. Esistono altre letture del balletto, come quella di Maurice Béjart che assegnò la parte principale ad un danzatore, o quella di Aurél Milloss, ambientata in una taverna.
Il brano è strutturato dalla ripetizione di due temi principali A e B, di diciotto battute ciascuno, proposti da strumenti diversi. I temi si inseriscono sull'accompagnamento ritmico continuo del tamburo, e sull'accompagnamento armonico, spesso proposto in maniera accordale. La successione delle ripetizioni è disposta in un graduale e continuo crescendo, dal pianissimo iniziale fino al maestoso finale, per un totale di diciotto sequenze musicali (nove ripetizioni del tema A e nove del tema B). Il brano rimane sempre nella tonalità di do maggiore, tranne una breve modulazione in mi maggiore nell'ultima sequenza che apre alla cadenza finale. L'organico orchestrale previsto è un'orchestra sinfonica con l'aggiunta di un oboe d'amore, di tre saxofoni e di un gong. Man mano che cambiano i temi vengono inseriti strumenti al fine di curare il timbro e nello stesso tempo per sottolineare uno stato di confusione, tanto che nella parte finale gli strumenti sono tanti da alterare il riconoscimento del ritmo e delle note.
Sequenze
1. Tema A, flauto
2. Tema A, clarinetto
3. Tema B, fagotto
4. Tema B, clarinetto piccolo
5. Tema A, oboe d'amore
6. Tema A, tromba e flauto
7. Tema B, sax tenore
8. Tema B, sax sopranino poi soprano
9. Tema A, corno, celesta, ottavini
10. Tema A, clarinetti, oboi
11. Tema B, trombone
12. Tema B, fiati
13. Tema A, violini e fiati
14. Tema A, violini, fiati e sax tenore
15. Tema B, violini e fiati
16. Tema B, violini e fiati
17. Tema A, archi e fiati
18. Tema B, archi e fiati
http://www.youtube.com/watch?v=8po7FZonP-I

La forma sonata e Scarlatti

Il termine "sonata" ha assunto nel corso dei secoli diversi significati. L'origine della parola indica semplicemente "musica da suonare", cioè da eseguire solo con strumenti; dunque un termine che si oppone a "cantata". Ma da un punto di vista formale il genere della sonata si è molto evoluto nella storia della musica, per cui la stessa parola sta ad indicare pezzi di natura completamente diversa.
Cosa si intende per Forma Sonata
Per cominciare, conviene sgomberare subito il campo da un possibile equivoco. Quando si parla di forma sonata di solito non si intende parlare della "forma della sonata", cioè dello schema costituito dai diversi tempi (o "movimenti" ) in cui si articola una sonata, ma si indica la struttura di un singolo pezzo. Un "Allegro" ad esempio può essere scritto in forma sonata, ma può trattarsi ad esempio del primo tempo di un quartetto, di una sinfonia, o di qualsiasi altra composizione. All'interno di una sonata o di una sinfonia, articolata in tre o quattro movimenti, la forma sonata può essere utilizzata in uno solo dei movimenti o in diversi movimenti; in casi eccezionali addirittura nessuno dei movimenti di una sonata potrebbe essere scritto in "forma sonata".
Sonata bitematica e bipartita
Schema della forma sonata bitematica e bipartita:
Prima parte: Esposizione
* Esposizione del primo tema (nella
tonalità principale)
* Esposizione del secondo tema (in
un'altra tonalità)
(eventuale ripetizione dell'esposizione)
Seconda Parte: Ripresa
* Ripresa del primo tema (può trattarsi
anche di un episodio "intermedio",
comunque connesso con il primo tema)
* Ripresa del secondo tema (trasportato
nella tonalità principale)
(eventuale ripetizione della ripresa)
Come ogni schema complesso, la forma sonata si è andata sviluppando gradualmente; esempi di pezzi basati su due temi si trovano già nella sonata barocca, ad esempio nelle numerosissime sonate per clavicembalo di Domenico Scarlatti, di cui nel seguito saranno analizzate due tra la più celebri. Occorre però osservare che questi pezzi non sono ancora nella vera e propria "forma sonata", perché essi si basano su una struttura più semplice, detta "bipartita".
Alcune osservazioni sullo schema appena visto. Classicamente la tonalità in cui viene esposto il secondo tema è scelta secondo una regola ben precisa, cioè:
* se il pezzo è in una tonalità maggiore, il secondo tema viene esposto nella tonalità della dominante;
* se il pezzo è in tonalità minore, il secondo tema viene esposto nella tonalità relativa maggiore.
Perciò, se ad esempio la tonalità di impianto è do maggiore, il secondo tema sarà presentato la prima volta in sol maggiore; se la tonalità di impianto è re minore il secondo tema sarà presentato di solito in fa maggiore. Tuttavia questa non è una regola fissa, perché per il secondo tema si possono effettuare diverse scelte; ad esempio, nell'esposizione della sonata di Scarlatti K. 517 (in re minore) il secondo tema viene presentato nella tonalità della dominante, cioè la minore.
Riflessioni sulla forma sonata bipartita e bitematica di Scarlatti
Nello schema sopra è stato scritto tra parentesi "eventuale ripetizione dell'esposizione". La prassi dei ritornelli è molto diffusa nella musica barocca e classica (basta pensare ad esempio alla ripetizione delle varie parti di un minuetto), e si conservano tracce di questa abitudine fino a Beethoven ed oltre. Quasi sempre nella forma bipartita anche la ripresa viene ripetuta.
La ripresa del primo tema può avvenire integralmente, ma in alcuni casi è sostituita da una frase affine, in pratica una variazione del primo tema, che poi porta direttamente alla ripresa del secondo tema, stavolta nella tonalità di impianto. In alcuni casi, già nella forma bipartita si nota un accenno di quello che poi sarà lo "sviluppo" della forma tripartita.
Sonata classica: esposizione, sviluppo e ripresa
Questa è la vera e propria "forma sonata", così come si trova in moltissime opere classiche (anche se nella prassi compositiva del '700 il termine si è affermato gradualmente). Caratteristiche principali di questa forma sono:
* l'utilizzo di due temi, di carattere contrastante (di solito ben caratterizzato ritmicamente il primo, più melodico e cantabile il secondo); nell'esposizione essi sono presentati in due tonalità diverse, nella ripresa vengono riproposti nella tonalità di impianto.
* la presenza di una sezione intermedia di sviluppo, in cui vengono ripresi e rielaborati elementi dei due tempi principali; a volte vengono anche presentati elementi nuovi;
* di solito un periodo di conclusione più o meno ampio, seguito da una coda che
conclude definitivamente il pezzo. Queste parti finali possono essere molto ridimensionate o addirittura eliminate, a seconda delle dimensioni del brano.
Schema della forma sonata bitematica e tripartita
Prima parte: Esposizione.
* Esposizione del primo tema (nella tonalità principale) seguita da un ponte modulante
* Esposizione del secondo tema (in un'altra tonalità) con eventuale ripetizione dell'esposizione
Seconda Parte: Sviluppo.
* Libera elaborazione di elementi tematici dei due temi principali con eventuale introduzione di elementi nuovi
Seconda Parte: Ripresa.
* Ripresa del primo tema
* Ripresa del secondo tema (trasportato nella tonalità principale) (eventuale ripetizione del blocco sviluppo - ripresa
Periodo di Conclusione
Coda
Aggiungiamo anche qui alcune osservazioni. Come detto sopra, il ponte è la sezione che collega il primo al secondo tema. Esso può essere più o meno esteso, ed il passaggio dalla tonalità di impianto a quella del secondo tema può essere più o meno graduale. Inoltre i due temi principali in qualche modo devono differenziarsi: di solito il primo sarà ben caratterizzato ritmicamente, contenendo una o più cellule ritmiche che rimangono ben impresse e che spesso attraversano tutto il pezzo, mentre il secondo sarà di solito più melodico, un po'come un "secondo attore" che recita sempre in un ruolo subalterno rispetto al protagonista. Va detto comunque che ciascuno dei due temi, soprattutto nei pezzi più lunghi e complessi, si può ulteriormente suddividere in varie "idee"o "elementi tematici", cosicché sembra in alcuni casi che i temi siano anche più di due. A volte poi è presente una terza idea abbastanza importante: in questi casi si può parlare addirittura di una forma "tritematica".
La prassi di ripetere l'esposizione, come si accennava sopra, è piuttosto diffusa nei pezzi in forma sonata più semplici e brevi, ma si trova anche in molte sonate e sinfonie dell'epoca classica. In linea di massima, diciamo che i ritornelli, se esplicitamente indicati dall'autore, dovrebbero essere sempre eseguiti, allo scopo di rispettare il senso delle proporzioni. Ciò è vero in particolare per la ripetizione dell'esposizione: infatti non di rado si ha un'impressione di "incompletezza" all'ascolto di un pezzo in cui viene saltato un ritornello; tutto ciò sempre che non vi siano delle ripetizioni evidentemente inutili (vi sono alcuni rari esempi in proposito), che avrebbero solo l'effetto di appesantire il pezzo.
Sviluppo del tema della sonata
La sezione di sviluppo è realizzata con molta libertà. Spesso comincia con un'idea simile al primo tema, a volte riprende elementi che nell'esposizione erano apparsi come secondari, altre volte ancora rielabora elementi tematici tratti dai due temi principali aggiungendo però elementi nuovi. In ogni caso, caratteristica dello sviluppo è quella della libera modulazione a tonalità anche lontane, creando alla fine un'atmosfera di "attesa" (spesso realizzata con un pedale di dominante) che prepara il ritorno del primo tema. Le proporzioni possono essere quanto mai variabili: in alcuni casi ad un esposizione "corposa" segue uno sviluppo abbastanza breve, in altri casi l'esposizione è molto succinta mentre lo sviluppo è molto importante anche come dimensioni.
Si dice che in ogni pezzo di musica c'è un "punto massimo", un vertice di tensione, di norma corrispondente ad un momento di notevole intensità sonora. Di solito nella forma sonata il punto massimo corrisponde alla ripresa del primo tema, ma può essere anche spostato ad altri punti, ad esempio ad una frase particolarmente importante dello sviluppo, ad un momento immediatamente precedente la ripresa, o anche alla ripetizione del ponte (che ovviamente sarà variato rispetto all'esposizione).
Ripresa dei temi : coda sonata classica
La ripresa si può presentare variata rispetto all'esposizione: una prassi abbastanza comune è quella di riprendere il primo tema in una forma più ridotta, ma sono possibili altre variazioni, ad esempio l'introduzione di un nuovo elemento tematico.
Al termine della ripresa si può trovare un periodo di conclusione, una sezione più o meno vasta di "ricapitolazione" e delle varie idee ascoltate e sviluppate, che precede la coda vera e propria. A volte il periodo di conclusione è talmente importante ed esteso da sembrare quasi un secondo sviluppo, mentre in altri brani dalla struttura più semplice esso è molto breve o addirittura assente, e si passa subito alla coda; anche quest'ultima, a seconda delle dimensioni dell'intero pezzo, può ridursi a pochi accordi conclusivi o essere più vasta.
La ripetizione dell'intero blocco sviluppo - ripresa si trova in alcuni pezzi in forma sonata, soprattutto quando le dimensioni sono ridotte. Difficile che sia prescritta la ripetizione quando alla ripresa sia già seguito un ampio periodo di conclusione, con una coda che ha già dato al brano un senso conclusivo. È possibile però che vi sia la ripetizione di sviluppo e ripresa, e il tutto sia seguito da un breve periodo di conclusione e dalla coda.


Esempio di forma sonata bitematica tripartita.
Struttura del brano:
  • 00:03 - esposizione del primo tema, do maggiore; dopo poche battute modula a sol maggiore.
  • 00:16 - secondo tema, sol maggiore.
  • 00:30 - ripetizione di tutta l'esposizione.
  • 00:57 - sezione intermedia, fa minore, in effetti una variazione in minore del primo tema, che termina su un "sol" con una lunga corona.
  • 01:18 - ripresa del primo tema, che rimane in do maggiore.
  • 01:27 - ripresa del secondo tema, do maggiore.
  • 01:40 - ripetizione di tutta la seconda parte, a cominciare dalla frase in fa minore.
http://www.youtube.com/watch?v=WZWL76j0UKY

Esempio di forma sonata bitematica bipartita.
Struttura del brano:
  • 00:03 - esposizione del primo tema, re minore.
  • 00:14 - "ponte", cioè sezione intermedia di modulazione; dapprima fa maggiore, poi la minore.
  • 00:23 - secondo tema, la minore.
  • 00:51 - ripetizione di tutta l'esposizione.
  • 01:39 - seconda parte, che inizia con una frase in la maggiore molto simile al primo tema; successivamente passa ad altre tonalità e ripropone una parte del ponte ascoltato nell'esposizione, conducendo però alla tonalità di re minore.
  • 01:54 - ripresa del secondo tema, re minore. Osservare che la ripresa non è esattamente uguale all'esposizione: la frase discendente ripetuta due volte (minime alla mano destra, arpeggi alla sinistra) risulta ampliata, ed anche le battute successive vengono modificate rispetto all'esposizione.