Corso di estetica della musica a.s.2011 Prof.Andrea Clemente Potami

sabato 4 giugno 2011

C. DEBUSSY (2' parte)





CLAUDE DEBUSSY






Esposizione Universale di Parigi, 1889: assiste all'esibizione dell' orchestra gamelan dell'isola indonesiana di Giava, costituita da strumenti a percussione di metallo, e a rappresentazioni del teatro di corte dell'Annam (Vietnam).

Rimase colpito dalla raffinata musica e dalla drammaturgia di questi e li defini' "affascinanti piccoli popoli", traendone soprattutto:

uso di scale pentatoniche ed esatoniche;
concezione statica del ritmo;
concezione statica e circolare della forma;
drammaturgia.

Un altro repertorio che lo indirizzò verso altre nuove soluzioni musicali fu quello del canto gregoriano.
Inoltre ammirò molto la musica di Musorgskij.

Le composizioni musicali debussiane rifiutano lo sviluppo nel senso classico-romantico del termine, adagiandosi in una sorta di circolarità senza tempo.Lo scopo de Debussy era quello di creare un'atmosfera musicale, mediante un gioco di sonorità.
In particolare è la sua concezione del tempo ad essere di una modernità sconvolgente. Debussy cerca di arrestare il flusso del tempo, partire da un inizio, attraversare uno sviluppo, giungere ad una logica conclusione, accostando fra loro frammenti di tempo indipendenti gli uni dagli altri.
Gli accordi perdono la loro funzionalità armonica, l'armonia si scinde dalla melodia, la ritmica si fa statica (non più soggetta ad armonia e melodia).


Syrinx
per flauto solo (1913)


In questa perfetta opera di dimensioni microscopiche Debussy ha messo in musica una delle più belle metamorfosi dell’antichità, così come ci fu trasmessa dal poeta romano Ovidio. Gli antichi amavano i miti metamorfici. La bella Dafne, fuggendo da Apollo, su sua preghiera fu trasformata dagli dei in un albero di alloro, che da allora porta il suo nome. La incantevole ninfa Syrinx, che danzava sulla riva del fiume con le compagne di giochi, fu seguita da Pan, l’osceno e arruffato dio delle greggi e dei pastori, che con in piedi di capra e le corna spaventava uomini e ninfe in pieno giorno. Quando Pan volle impadronirsi della ninfa, ella pregò gli dei affinchè la salvassero e venne trasformata in canna.
L’aspetto del dio dei campi suscitava negli uomini dell’antichità riverenti brividi. Il poeta francese Arthur Rimbaud, contemporaneo di Debussy, evocò ancora una volta in una splendida poesia, vibrante tra realtà ed illusione, l’epifania di un dio simile:


Tête de Faune
Dans la feuillée, écrin vert taché d’or,
Dans la feuillée incertaine et fleurie
De fleurs splendides où le baiser dort,
Vif et crevant l’exquise broderie,
Un faune effaré montre ses deux yeux
Et mord les fleurs rouges de ses dents blanches.
Brunie et sanglante ainsi qu’un vin vieux
Sa lèvre éclate en rires sous les branches.
Et quand il a fui – tell qu’un écureuil –
Son rire tremble encore à chaque feuille,
Et l’on voit, épeuré par un bouvreuil
Le Baiser d’or du Bois, qui se recueille.
Testo di fauno
Dentro il fogliame, scrigno verde pezzato d’oro,
Dentro il fogliame vago che fiorisce di fiori
Spendidi dove un bacio s’annida addormentato,
Rompendo vivamente lo squisito ricamo,
Un fauno stralunato mostra i suoi occhi accesi
E morde i fiori rossi con candidi denti.
Bruno e sanguinolento come un vino stravecchio,
Sotto i rami il suo labbro scoppia in un lungo riso.
Quand’è scappato via – simile a uno scoiattolo
Tremola quel suo riso ancora ad ogni foglia
E si vede, impaurito da un fringuello marino,
L’aureo Bacio del Bosco raccogliersi sereno.

Presso il fiume Ladon, in Arcadia, Syrinx fu trasformata in canna mentre fuggiva dal dio Pan dai piedi di capra; ma la sua tenera voce risuona ancor oggi nel canneto, quando il vento soffia passando tra le canne spezzate. Nel mito, il dio legò ingegnosamente insieme le canne per farne un flauto a sette suoni, cui egli diede il nome della bella ninfa. E, imitando l’alito del vento, richiamava sempre, per piacere e nostalgia, la sua dolce voce. In seguito il dio cornuto donò ai pastori il suo flauto, che in questo modo giunse tra gli uomini. Il mito della nascita del flauto era stato messo in musica da Debussy già vent’anni prima sul testo del “Prélude à L’Aprèz-midi d’un Faune” di Séphan Mallarmé. Già allora il compositore sottopose alla melodia, lineare e sinuosa, non ancora libera dall’influsso di Richard Wagner, un’armonia veramente interessante. In
“Syrinx” l’intensità lineare è tale che la tonalità, oscillante tra Si bemolle minore e Re bemolle maggiore, viene sì avvertita, ma soltanto come un pedale divenuto quasi impercettibile. La struttura lineare è riconducibile a due esacordi (esacordo = “sei suoni”) che, intrecciandosi, compaiono subito alla prima battuta. Ma, contemporaneamente non sono da trascurarei due tetracordi, entrambi a toni interi (quattro suoni). Infine, si presenta ancora l’aspetto della scala cromatica come elemento strutturale.
La Finalis “reb” è comune ad entrambi gli esacordi. L’uso della successione “solb-fa-mi-reb”, con la seconda eccedente discendente, alla fine della prima battuta. Si potrebbe considerare questo “mi” come “croma” nel senso degli antichi modi greci, cioè, in un certo qual modo, come una tinta modulatoria di “mi bemolle”. In realtà questo mi bemolle serve da collegamento tra la penultima e l’ultima battuta, in modo da dar luogo all’0esacordo a toni interi “si-la-sol-fa-mib-reb”. Le note di scambio della prima battuta (il secondo esacordo), aventi funzione di arabesco, sono ora divenute suoni principali. Il tema di due battute compare otto volte, ma dalla terza in poi viene variato (sempre nella seconda battuta). Nelle battute 10 e 11 e nelle 20 e 21, appare
il modo maggiore pentatonico. La struttura formale viene graficamente messa in evidenza da punti coronati e virgole, le battute 1-8 comprendono un primo sviluppo, che equivale ad una esposizione concludentesi di nuovo sul sib”. La doppia sbarra e la nuova indicazione di tempo (“un peu mouvemente” – un poco mosso) indicano una nuova sezione, in una sorta di sviluppo. Anche il materiale melodico delle terzine è ricavato dal tema. Nelle battute 23-25, i tremoli, l’acciaccatura prima del sib” e la corona preparano alla ripresa, che viene messa in evidenza anche dal ritorno al “Très modére” (molto moderato). Il tema viene nuovamente
variato, da ultimo tramite terzine. Le battute finali, a partire dalla 31, si possono identificare con la coda.
Un analisi che ci offra come risultato la forma tripartita con coda, è quasi fin troppo grossolana. Nel quadro di un tale sottile tessuto è ancora certamente riconoscibile la forma classica, ma il principio compositivo si basa sul continuo sviluppo ornamentale-variato di un’idea tematica. Questa considerazione viene confermata dall’assenza di quell’elemento caratteristico presente in tutti i tipi di composizione classica: la cadenza.
Manca ogni traccia di un’effettiva chiusura armonica. Al suo posto, la melodia si spegne con la scala discendente a toni interi, che va a perdersi sul reb’ morente. È come se il mito risprofondasse nel buio del passato. La poesia di questo incomparabile pezzo non è letteraria o descrittiva: essa risiede nell’incarnazione sonora dell’idea di Debussy di una “correspondance Mystérieuse de la natureet de l’imagination”. L’essenza del mito, non più esprimibile a parole, raggiunge direttamente i suoni, avvolto nell’incanto del linguaggio musicale. La realizzazione presuppone una varietà sonora flessibile, ricca di differenziazioni timbriche e di fantasia, al fine di ottenere eleganti sfumature dinamiche e agogiche, comprese quelle che non è possibile annotare. Così, per esempio, le terzine della battuta 30 non verranno mai suonate come quelle della battuta 29. Accennando appena ad una diminuzione della dinamica e tramite un piccolo ‘tenuto’ sulla prima nota e una minore gestualità agogica della ripetizione, si otterrà qualcosa di bisbigliato e carico di mistero. Sull’ultimo quarto della battuta 17, il reb’’ avrà un buon effetto come suono armonico prodotto con la diteggiatura del precedente reb’. È significativo il fatto che Debussy prescriva, come massimo grado d’intensità quello di mezzoforte, ovvero la sonorità naturale del flauto. Questo limite viene infranto soltanto una volta, quando il tema viene nuovamente citato all’inizio della ripresa (batt. 26 e 27). Poiché il sib’’ pianissimo (batt. 8) viene suonato dalla maggior parte dei flautisti e delle flautiste troppo forte, si consiglia di prendere questo suono, legato al mib’’’, con la diteggiatura per il pianissimo. Derivata dalla diteggiatura del mib’. Poiché questa diteggiatura dà luogo ad un sib’’ di intonazione assai alta, si ottiene, nel legare verso il basso, un sib’’ molto pulito e timbricamente bello, pur nell’assoluto pianissimo.
Le sfumature agogiche non si esauriscono nel “rubato” della parte centrale, in cui il compositore ha dato maggiore spazio alla libertà declamatoria e agogica. Ma non ci sarebbe niente di peggio di trascurare, nel rubato, il ritmo di base, la cui pulsazione deve sempre rimanere percettibile. Debussy detestava apertamente l’errore di suonare la sua musica in modo “impressionistico”, vale a dire in modo impreciso. Purtroppo accade di ascoltare ogni tanto anche delle “interpretazioni” delle sue figure ornamentali (per es. nella Pastorale della Sonata per flauto, viola e arpa), che sostanzialmente risultano essere nient’altro che imitazioni scolastiche delle sfumature agogiche dei maggiori musicisti. Debussy ha scritto la sua musica in modo esatto, tanto che essa risuona anche quando viene eseguita in modo modesto e privo di genialità. Se
poi si aggiungono capacità artistiche e fantasia, l’interpretazione può arrivare all’arte. Il richiamo alla tradizione (che varia impercettibilmente) non è attendibile.




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